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Lunedì 9 dicembre 2024

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Le cittadelle di Livio Politano sospese tra luce e forme geometriche, tra colori e spazi

L'artista beinettese ha percorso la scena artistica non solo cuneese ma italiana ed europea dagli anni Sessanta ad oggi

La Guida - Le cittadelle di Livio Politano sospese tra luce e forme geometriche, tra colori e spazi

Sospese tra luce e forme geometriche, tra sagome e riflessi, tra colori e spazi, le cittadelle di Livio Politano le riconosci tra mille. Un tocco unico che l’artista propone con una maestria che ritorna dagli inizi della sua ormai lunga carriera pittorica fino alle ultime nuvole, passando dunque per il periodo dei nastri e della luce. Un tocco che ha qualcosa di futurista nel segno del movimento ma che in qualche modo la supera perché il suo è un dinamismo che sta nel colore, nella scomposizione metafisica della forma e delle forme. E la summa del suo modo di fare pittura si ritrova proprio nelle sue cittadelle viste dall’alto, ma non solo viste dal di dentro, viste sulle nuvole, dalle nuvole o tra le nuvole, come le sue ultime composizioni. Si appare spesso l’impressione della lunga muraglia, della chiusura, delle roccaforti, ma invece se vai a guardare bene non sono mai difensive, ma aprono, ti invitano ad entraci dentro, a scoprire, nei giochi dei mille colori e delle mille sfumature e rifrazioni, i meandri più nascosti. Perché la sua pittura è proprio un invito ad andare oltre, a scoprire quella città che è luogo forse dell’approdo al sicuro e al conosciuto, ma forse mi piace pensare al ritorno di unamemoria che s’incarica di riportare odori e colori, forme e volti, amori e passioni, avventure, scontri e incontri nei confini tracciati da geometrie colorate. E Politano con la sua tecnica e la sua poesia con il pennello riesce a fare tutto questo e molto altro.

La sua pittura ricerca un dialogo aperto comunicando attraverso linee, colori e volumi distribuiti nello spazio e “accostandoli – come scrive Enrico Perotto che ha curato la sua utlima mostra che è in corso a Beinette – così alla sua concezione dell’arte come passione e consolazione personale, vissuta all’insegna della necessità di esprimere il proprio bisogno impellente di ricerca di un’ideale di vita, prim’ancora che di un fare artistico, frutto di una spinta interiore, capace di far emergere un mondo variegato di visioni formali e soluzioni compositive in continua evoluzione: figure, forme e luoghi immaginari, che ci parlano in sostanza del rapporto tra uomo e natura e dei valori etici fondanti che lo dovrebbero caratterizzare”.

Presenza di spicco sulla scena artistica torinese della seconda metà del Novecento, il beinettese Livio Politano frequenta l’ambiente torinese post-casoratiano, legandosi in amicizia a numerosi artisti importanti. Alterna l’attività collettiva a personali in varie città italiane fino a realizzare, nel 1969, un’esposizione personale a Parigi grazie all’interessamento dell’amico Orfeo Tamburi, seguita da una serie di rassegne negli Istituti di Cultura italiani all’estero (Madrid, Siviglia e Colonia). Con la conoscenza dei mercanti Giorgi e Russo sposta il baricentro della sua attività verso Firenze e Roma (personali nel ’73 e ’74). Negli anni Ottanta e Novanta espone a Budapest, Vienna, Torino e Vicenza, antologiche dove compaiono nella sua ricerca  i primi indirizzi surreali. La sua presenza a Roma, assieme ai “compagni di scuderia” della galleria Russo (tutti artisti di primo livello) rimane assidua, come pure è costante l’interessamento della critica e del mercato verso il suo lavoro. Oggi vive e opera a Beinette.  È passato dai paesaggi degli anni Cinquanta con scomposizione di piani e volumi, con pennellate larghe e macchie di colore agli “stracci“ e ai “paesaggi di luce” degli anni Ottanta dove gioca con la luce e la scomposizione dell’immagine che diventa più dinamica e fluida, ritmata e spezzata in un caleidoscopico rifrangersi di prospettive con elementi esterni di trasparenze luministiche irraggiate dal centro del dipinto o dall’esterno, con una dinamica esplosione e implosione della forma e della composizione. Significative della sua produzione sono le “città” sempre rappresentate con l’equilibrio dei due elementi essenziali della sua pittura, la luce e la forma. Sono città osservate dall’alto o dall’esterno, “come un viaggiatore che si avvicina alla meta agognata, rifugio certo dalle brutture del mondo” scrive Guido Folco.

 

Un’antologica di disegni pastelli e dipinti 1960-2021 dal titolo“I colori e le forme dell’urbanità perduta” è in corso a Beinette nella  Sala Comunale Olivetti di via Gauberti 17  fino al 17 ottobre visitabile al venerdì, il sabato e la domenica dalle 16 alle 19.

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