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Sabato 9 novembre 2024

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Movida nel centro storico di Cuneo? Una lettera aperta: “intervenga il Comune, altrimenti i cittadini denunceranno”

"Chiediamo controlli costanti - specifica il firmatario Roberto Segre nello scritto indirizzato a La Guida - oltre a rispetto dei decibel e degli orari"

La Guida - Movida nel centro storico di Cuneo? Una lettera aperta: “intervenga il Comune, altrimenti i cittadini denunceranno”

Cuneo – Riceviamo e pubblichiamo una lettera indirizzata a La Guida in merito ai presunti disturbi della quiete da parte dei locali del centro storico a danno dei residenti.

Egregio Direttore,
Si è sviluppata una polemica per ora scritta (e non ancora musicata!) tra i residenti nel centro storico e in altri quartieri limitrofi di Cuneo, e i titolari dei locali che usano accompagnare i loro clienti (deliziando i cittadini tutt’intorno) nei dehors con musiche ad alto volume, tra cui prevalgono tamburi e potenti strumenti elettronici nei quartieri residenziali.
Da alcuni anni, e sempre in crescendo, la quiete del centro storico e di altre vie è stata infatti allietata (o turbata) a cominciare dal pomeriggio e fino a tarda notte dagli impianti di casse acustiche disseminati nei numerosi dehors che l’amministrazione comunale ha scelto – dopo il periodo di chiusura per il Covid – di lasciar estendere a volontà ai titolari di locali pubblici come pub, bar, ristoranti e caffè.
Che si sono allargati a macchia d’olio, sacrificando parcheggi, marciapiedi pedonali, spazi e, in diversi casi, la tranquillità dei residenti.
Qualcuno ha affermato che così il centro storico viene valorizzato, altrimenti sarebbe un deserto, una zona morta dove non arriva che la delinquenza (!!). Ma che tipo di valorizzazione è la musica ininterrotta a palla? Culturale, sportiva, ricreativa?
O non assorda e rimbambisce?
Si dimentica un aspetto primario dei diritti fondamentali: che in città si deve convivere tutti e che il rimbombo della musica al massimo dei decibel fino a mezzanotte o l’una di notte impedisce a chi deve lavorare o studiare il giorno dopo – e sono la maggioranza – di prendere sonno.
Infatti – e non si capisce perché sia stata accordata questa facoltà, in violazione anche di regolamenti locali – i diffusori acustici sono piazzati all’esterno e non all’interno dei locali e, favoriti dai muri delle case che funzionano da cassa di risonanza, amplificano il rumore disturbando per ore e ore chi a casa propria vorrebbe starsene in pace, o ascoltare musica di proprio gradimento o guardare la TV la sera.
La maggioranza dei residenti si trova ad essere ostaggio di questa prassi inusuale e prepotente che trasforma di fatto in discoteche all’aperto alcuni locali che non ne hanno i requisiti.
E se i residenti protestano, c’è anche chi addirittura risponde che dovrebbero anzi ringraziare di abitare in una bella zona dove possono ascoltare musica a getto continuo. Beati loro…Vieni invece ad abitarci tu, che sei di passaggio e puoi tornartene a casa tua tranquillo, così provi cosa vuol dire!
Senza contare i cd artisti di strada che, a loro piacimento, si piazzano in via Roma o corso Nizza strimpellando con amplificatori al massimo per deliziare i presenti, senza alcun controllo o regola.
Il fenomeno non è nuovo, ma è notevolmente aumentato o peggiorato negli ultimi anni in città.
Ogni tentativo di regolamentazione è finora fallito, anche a causa dell’atteggiamento passivo se non lassista o complice delle autorità.
Alcuni titolari dei locali – e guarda caso sono quelli che producono più fracasso – rimbeccano anzi chi protesta, dicendo che loro devono lavorare, che chi si oppone al rumore è contro il progresso, che ai giovani la musica piace. Come se valesse la funzione: più il volume delle musiche aumenta, più numerosa arriva la clientela!
Come se i guadagni dei locali derivassero esclusivamente dalla musica violenta (altro che concertini ini…ini)e non dall’offerta di prodotti buoni e genuini, dal mangiare e bere bene in ambiente confortevole dove se mai la musica è di gradevole sottofondo…

Piace a tutti la musica, certo, ma non se viene imposta in modo aggressivo e sguaiato ad alto volume, specie nelle ore in cui, dopo una giornata lavorativa, si desidera un po’ di tranquillità a casa propria.
Un lusso, o una necessità, che attualmente, nel centro storico, non è più possibile, nei lunghi mesi in cui i dehors sono aperti e liberi di fare baccano.
Tra l’altro, questa abitudine nociva produce, oltre a danni certificati alla salute, anche danni economici: alcuni residenti hanno dovuto trasferirsi altrove, alcune locazioni sono state disdette esplicitamente per il fracasso che impediva a bambini in tenera età di dormire, altri, esasperati, hanno ceduto l’appartamento pur di ritrovare un po’ di pace.

Non si contano poi coloro che hanno dovuto a proprie spese installare paratie d’isolamento acustico nei muri, doppi o tripli vetri negli appartamenti, che hanno però efficacia relativa contro i suoni sempre più forti che fanno talvolta addirittura tremare le pareti.
Possibile che le autorità fingano d’ignorare questa situazione?
Quali interessi si nascondono dietro la tolleranza dei frastuoni e la mancanza d’interventi?
La prassi di città come Londra, Parigi, Bruxelles deve far riflettere i nostri amministratori: lì vigono norme adeguate in materia di rumori esterni a tutela del cittadino, che non possono essere derogate. E le sanzioni sono severe.
Mentre non risulta che sanzioni siano state applicate, né frequenti controlli effettuati sui locali più rumorosi della nostra città che persistono, malgrado le continue richieste dei residenti, a tenere alto il volume delle musiche.
Non vale l’esempio di città vicine, come Torino, Alba, Brescia e diverse altre, dove l’amministrazione comunale ha dovuto intervenire adottando norme a tutela del riposo e delle ordinarie occupazioni dei residenti contro gli invadenti fracassoni?
Anche la giurisprudenza si consolida sempre di più a favore, sanzionando gli esercenti inadempienti e condannando le amministrazioni locali al risarcimento dei danni (Vedi appunto il caso di Brescia).
Si chiede quindi (ma ci vuol tanto? Non c’è peggior sordo – forse anche a causa delle musiche assordanti che l’esercente propone e impone a ritmo continuo e di cui anche lui finisce per rimanere vittima – di chi non vuol sentire):
– rispetto dei decibel che non devono mai superare la soglia consentita, come invece accade oggi,
– rispetto assoluto degli orari che già il Comune consente con discutibile larghezza, privilegiando i fracassoni rispetto alle esigenze di lavoratori e studenti,
– controllo costante delle emissioni sonore da parte delle autorità e chiusura dei locali in caso di accertata violazione.
Insomma: i cittadini non protestano per il piacere di protestare o perché sono contro la musica o contro i locali pubblici, ma perché sono realmente, e sempre più, seriamente disturbati nelle loro abitudini e nei ritmi di vita, e ciò da molto tempo. Lo si vuole capire?
Pretestuose appaiono le polemiche di quegli esercenti che sostengono il diritto di fare musica quando e come vogliono: non hanno che da abbassare il volume e rispettare norme e orari, e non ci saranno proteste.
Se si vuole ascoltare musica a sballo, si vada in discoteca e non al bar o pub o caffè in pieno centro cittadino, perfino davanti e di fianco al Duomo dove le musiche sparate ad alto volume coprono talvolta le musiche sacre e i canti dei fedeli durante le messe, mentre i tavoli dei dehors si ammonticchiano a sfiorare le porte della chiesa.

In conclusione una mediazione responsabile da parte del Comune è necessaria e urgente.
Altrimenti non rimane ai cittadini esasperati da questa situazione insostenibile che dura da tempo e non trova per ora alcuna risposta valida da parte delle autorità, che adottare tutti i mezzi giuridici a loro disposizione per contrastare questa invadente e reiterata violazione delle norme a tutela del cittadino in tutte le sedi e chiedere il risarcimento dei danni al Comune e ai responsabili.
Roberto Segre

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