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Giovedì 5 dicembre 2024

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Morì travolto da un cumulo in Sibelco, assolti i tre imputati

Sono cadute le accuse nei confronti del direttore dello stabilimento, del titolare della ditta per cui lavorava e di un addetto della cava

Robilante

La Guida - Morì travolto da un cumulo in Sibelco, assolti i tre imputati

Si è concluso con l’assoluzione dei tre imputati il processo per la morte di Danilo Dalmasso, 42 anni di Borgo San Dalmazzo, addetto alla pala per la ditta Dovero, che all’interno dello stabilimento Sibelco era incaricato di prelevare il materiale siliceo da un cumulo prodotto durante l’estate con le operazioni di escavazione e utilizzato in inverno per alimentare lo stabilimento. Il 2 marzo 2019, mentre con la pala estraeva materiale da quell’ammasso di detriti rocciosi alto 30 metri (detto “il cumulo invernale”), venne travolto e ucciso da una frana che ricoprì completamente il mezzo che stava manovrando. Per l’accusa Federico Salvati (direttore della Sibelco), Ettore Dovero (titolare della ditta per cui lavorava Dalmasso) e Valter Chiapale (dipendente Sibelco incaricato delle operazioni di prelievo dal cumulo) erano tutti e tre responsabili, ognuno per il proprio ruolo, di non aver previsto il rischio di una frana e di non aver predisposto le adeguate misure di sicurezza volte a prevenire un simile evento. Nell’ottobre scorso, a conclusione dell’istruttoria in cui si erano confrontate le perizie di parte, il pubblico ministero Attilio Offman aveva chiesto la condanna a 10 mesi per Salvati e Dovero e a 7 mesi per Chiapale. Secondo il pubblico ministero quel cumulo non poteva essere stabile sia per la natura del materiale che lo componeva sia per la sua elevata altezza; in casi come questo, con elevato rischio di frane, il suo consulente aveva indicato altri tipi di approccio, come prelievi laterali o l’impiego di pale radiocomandate. Secondo gli avvocati Bolognesi e Gugliemi, difensori di Salvati, quel cumulo era alto ma assolutamente nella norma, il rischio era stato correttamente indicato nel piano operativo di sicurezza e la corretta modalità di estrazione, su cui tutti gli operai erano stati formati, era quella di una successione di prelievi lineari. Una tesi con cui aveva concordato anche l’avvocato Gebbia per Dovero, il quale aveva sottolineato che l’adempimento di quanto appreso in formazione è l’unica cosa che conta in certe situazioni e questo era uno di quei casi. Secondo questa ricostruzione dei fatti, l’incidente si sarebbe quindi verificato perché l’operaio invece che prelevare il materiale seguendo una linea retta avrebbe eseguito più prelievi consecutivi su un punto creando una nicchia che determinò la frana. Della estraneità al fatto aveva infine parlato l’avvocato Rossi per Chiapale che nella ditta aveva solo un ruolo di controllo sul corretto funzionamento delle bocchette di alimentazione dello stabilimento e non sulle operazioni di prelievo delle pale. Per dirimere la questione il giudice aveva disposto una perizia d’ufficio discussa in aula a fine maggio; la consulente del giudice aveva comparato l’attività della Sibelco con altre realtà simili, giungendo alla conclusione che quella modalità di prelievo era pratica usuale in ambito minerario e che l’altezza del cumulo era rilevante ma nella norma. Per quanto riguarda tecniche alternative di estrazione come l’uso di pale robotiche, la consulente del giudice aveva riferito che al momento sono utilizzate soprattutto per estrazioni sotterranee, mentre questa modalità di lavoro era normale per impianti in superficie. All’esito di questa ulteriore discussione, il giudice ha quindi assolto Chiapale per non aver commesso il fatto e Salvati e Dovero per insussistenza del fatto.

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