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Venerdì 15 novembre 2024

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La bellezza in un riflesso d’acqua o nella trasparenza dell’onice

A Demonte una mostra di Gip Dolla con un omaggio a Giuseppe Armando, scultore contadino d’onice

Demonte

La Guida - La bellezza in un riflesso d’acqua o nella trasparenza dell’onice

“Omaggio a Gip Dolla – La bellezza in un riflesso d’acqua” è la mostra che si inuagura oggi venerdì 11 ottobre alle ore 17 a Palazzo Borelli di Demonte.

La mostra curata da Mudri, L’Era Granda, grandArte era stata a Rittana fino alla scorsa settimana. Sarà visitabile da venerdì 11 a domenica 27 ottobre , con orario: sabato e domenica dalle ore 10,30 alle 12 e dalle 16.30 alle ore 18, oppure su prenotazione telefonando a Silvio Rosso 338.2086992 L’iniziativa rientra tra gli obiettivi che perseguono gli organizzatori: la documentazione di momenti ed artisti che nel secolo scorso hanno animato il panorama culturale della nostra provincia e che rappresentano un patrimonio locale importante che però rischia di essere dimenticato. In questo filone, nel quale si erano collocate le precedenti mostre, vuole ora innestarsi la mostra dedicata a Gip Dolla. Si tratta di un’esposizione che propone all’attenzione del pubblico la figura di un personaggio estremamente interessante, dalla vita sorprendentemente dinamica e sfaccettata, e soprattutto dall’innata passione per la pittura all’acquerello, nell’esercizio della quale si rivelò un finissimo interprete, ottenendo pubblici riconoscimenti, ma di cui ai nostri giorni non si hanno più molte notizie e le cui opere non sono facili da reperire, in quanto collezionate quasi esclusivamente in diverse case private della provincia.
In contemporanea, si esporrà un gruppo rappresentativo di statue d’onice di varie dimensioni, realizzate da Giuseppe Armando, originario di Bernezzo e abitante in frazione Sant’Anna, non lontano da quella di San Rocco, dove Gip Dolla sostava per diversi mesi all’anno nella casa di famiglia. Armando, come ha scritto Carlo Morra nel 1963, è stato uno scultore ‘montanaro’, scoperto intorno agli inizi degli anni sessanta e poi attentamente seguito da critici ed intenditori, suscitando l’interesse degli appassionati in quanto Il suo genuino primitivismo, ci riporta a forme d’arte autentiche e di immediata percezione.

Gip Dolla (si chiamava in realtà Giuseppe, ma dapprima aveva sostituito il nome con l’appellativo di “Gep” e poi prese a firmarsi “Gip”) nacque il 22 marzo 1892 in via Barbaroux a Cuneo da Francesco, di professione panettiere con bottega in via Savigliano, angolo via Barbaroux, e da Celestina Fenoglio, originari di Bernezzo (Cn), che diedero vita a una famiglia numerosa, formata da nove figli, sei femmine e tre maschi. Trascorse un’infanzia turbolenta, con continue interruzioni delle scuole elementari e tecniche, per cominciare e subito dopo interrompere le più diverse attività: da portatore delle ceste di pane in bicicletta a commesso in un negozio di stoffe, da apprendista tipografo a decoratore, da garzone di macelleria a giovane di studio da un notaio e poi a impiegato in municipio e così via. Non riusciva a fermarsi mai. Solo la musica e i colori lo attraevano, trasformandolo sia in un esagitato suonatore di chitarra o di mandolino, sia in un frenetico esecutore di disegni a matita o di dipinti realizzati con pennellate violente. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale, sul fronte orientale italiano, svolgendo il compito di interprete per gli ufficiali di collegamento francesi. Nei momenti in cui non si trovava in prima linea, eseguiva caricature di ufficiali con matite e pennelli, dipingendo cartoline per raggranellare qualche soldo o qualche sigaretta. Tornato alla vita civile, intraprese diverse occupazioni lavorative: fu dapprima disegnatore nel cantiere di una centrale elettrica in costruzione, poi rappresentante di commercio di una notissima industria di spumanti e liquori, la Cinzano, prima a Napoli e poi a Parigi ed infine a Bruxelles. Nel periodo napoletano, si diede anche a tirare di boxe, ma smise dopo che gli fratturarono il setto nasale, con conseguente deviazione del naso che si portò per tutta la vita. A Bruxelles, si diplomò alla Scuola Superiore di Commercio e Finanza. A Parigi, studiò a fondo la lingua francese, ma tornò presto a soggiornare di nuovo a Napoli, per poco più di due anni, facendosi assumere in una ditta belga di costruzioni stradali. A Bruxelles conobbe Gaston Gay, originario di Grenoble e proprietario di una piccola fabbrica di paste alimentari, trasferita poi alle porte di Parigi, di cui divenne socio e rappresentante commerciale. Scelse di risiedere ad Issy-les-Moulineaux, al numero 27 di avenue Marceau, nella zona sud- ovest di Parigi. Conobbe casualmente il noto pittore acquerellista di origini alsaziane Hermann Edouard Wagner (Parigi 1894 – 1963), di cui fu allievo e che seguì nella ricerca dei soggetti più interessanti della capitale francese, oltre che di Francia, Belgio, Olanda e Italia. A partire dal secondo dopoguerra, e fino al 1970, soggiornò ogni estate dai quattro ai sei mesi nella casa ereditata da una zia in frazione San Rocco di Bernezzo, dove conservava moltissimi fogli acquerellati, andati poi dispersi, stringendo rapporti di amicizia di scambio intellettuale con Gino Giordanengo, allora direttore dell’Ente Provinciale Turismo di Cuneo, e con Miche Berra, nonché con gli artisti Marco Lattes, Cesare Botto, Roberto Luciano e Pino Roasio. Dolla si spense a Cuneo in ospedale, dove era stato ricoverato in seguito ad una ricaduta della malattia di cui soffriva negli ultimi anni di vita, il pomeriggio del 7 ottobre del 1970, all’età di 78 anni. Dopo la sua scomparsa, su Gip Dolla è sceso il silenzio, che lo ha reso quasi del tutto sconosciuto, impedendoci di apprezzare in pieno e di valorizzare al meglio la sua singolare natura defilata di self-mad man, oltre che di petit maître o di artista outsider di qualità del suo tempo.

Lo scultore contadino Giuseppe Armando (detto “Pinotu del Cap”) nacque in Bernezzo il 7 dicembre 1905, da Giuseppe e Maddalena Cesana, e morì a Caraglio (Cn) il 21 giugno 1977. Di famiglia poverissima, frequentò la scuola elementare e si guadagnò da vivere svolgendo il lavoro del contadino, del boscaiolo in Italia e del manovale stagionale nel sud della Francia (Marsiglia). Ritornato in Italia nel 1943, riprese a coltivare la terra dei suoi genitori, vivendo in un casolare solitario ed isolato, senza luce elettrica, della frazione Sant’Anna di Bernezzo, insieme al fratello quasi coetaneo e in compagnia delle sue statuette, che egli scolpì pazientemente da autodidatta nell’onice con stile genuino e primitivistico, quando il maltempo non gli permetteva il lavoro in montagna. L’ultimo periodo di operosità di Armando risale al 1973, quando i problemi di salute, legati alla vista, gli resero praticamente impossibile continuare a scolpire. Nel 1975, a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute, iniziò un periodo penoso di ricoveri ospedalieri tra Cuneo e Caraglio, che lo costrinsero a trascorrere lunghi mesi in solitudine, chiuso in ospedale, e soprattutto senza poter più riprendere in mano gli attrezzi del suo lavoro con l’onice. Terminò la sua esistenza quando ormai si scoprì quasi completamento cieco. Tornò a riposare nel cimitero della sua Sant’Anna di Bernezzo. Le sue opere sono gelosamente conservate nelle abitazioni dei suoi più cari amici del territorio cuneese. I pochi contatti umani avvenivano nei giorni di festa, quando la domenica scendeva in paese per la Messa e la spesa settimanale. Lo si ricorda come una persona molto riservata, tanto da essere considerato “un uomo di nessuna parola” e della cui passione artistica ben pochi sapevano. Con il passare del tempo e il moltiplicarsi delle sue opere all’interno del suo piccolo e umile “studio”, in origine usato come essicatoio delle castagne, venne finalmente scoperto da alcune persone che presero a cuore le sue creazioni scultoree, incuriosite dall’abilità e dal sentimento umano che traspariva da quelle sue magiche pietre, in cui sapeva condensare i suoi ricordi e le sue visioni interiori.

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